Il trucco è nato per distinguersi e celebrare. Col passare dei secoli le conoscenze e gli studi in materia cosmetica lo hanno reso anche fonte di protezione, metodo di ringiovanimento apparente, simbolo di diversi ceti sociali. Vediamo quindi volti sbiancati per distinguere i nobili dai contadini, che erano sempre coloriti per via del lavoro nei campi, vediamo gote rosse e labbra scarlatte per riconoscere le prostitute, e via così, nei secoli il trucco si è modificato mantenendo una sola comune: era un simbolo di distinzione.
Solo più avanti è diventato anche strumento di lavoro, quando nascono le maschere teatrali e la necessità di trasformare uomini in donne, mostri, personaggi.
E andando avanti negli anni, nacque la professione del make up artist.
Chi studia make up oggi, difficilmente arriva più in là dei primi del 900, nelle scuole al più ti insegnano i caratteri distintivi di un trucco anni 20, 50, 70, i più fortunati studiano ogni decennio in maniera approfondita, ma purtroppo la maggior parte delle scuole di trucco sul territorio nazionale ha poche ore a disposizione per insegnare le vere basi del trucco, che non sono fatte solo di tecniche correttive, bensì di tanto, tanto studio dell’arte, dei costumi, delle abitudini di chi ci ha preceduto.
Con l’avvento del cinema poi, il make up è divenuto espressione di una fascia elitaria di personaggi che facevano tendenza e che oggi sono simboli di alcuni make up storici (vedi Twiggy o Marilyn Monroe). Oggi? Abbiamo i beauty influencer, che pare siano il male del secolo, ma che infondo non sono poi così diversi dai vip di un tempo in termini di condizionamento della società.
La donna anni 50 guardava ai divi di hollywood, la donna del 2018 guarda gli influencer su instagram.
Quello che è veramente cambiato è il mezzo. In passato certe mode restavano ristrette a piccole nicchie (la corte reale, chi possedeva una televisione, chi viveva in città metropolitane), non c’era abbastanza contatto fra città e città, figurarsi fra stato e stato o continente e continente. Le influenze arrivavano tramite il commercio, tramite quegli artisti che viaggiavano e potevano poi esprimersi grazie al supporto dei loro mecenati. Oggi con internet queste barriere non ci sono. Tutti hanno uno smartphone da cui accedere alle vite, alle informazioni, alle ultime novità.
Tutti possono imparare a fare tutto, ma… si impara davvero? Sarà forse questo il male del secolo? L’improvvisazione?
Perché se da un lato è bellissimo potersi confrontare, avere la possibilità di seguire le proprie inclinazioni anche senza elevate possibilità economiche, dall’altra è giusto poi mettersi alla pari di chi invece si è sudato il suo diploma, i suoi studi e le sue ricerche? Di chi non si è limitato al confronto e allo studio autonomo, ma ha investito soldi e tempo in una formazione più completa?
Tutta questa informazione sembra fare più danni che bene, e sebbene ci siano più mezzi per imparare, l’ignoranza dilaga.
Riceviamo decine e decine di messaggi ogni mese, di ragazze che vorrebbero fare del make up il loro mestiere, e non vogliamo certo spegnere i loro sogni. Ma la carriera di truccatore oggi non è quella che c’era 20-30 anni fa, quando c’erano le super modelle, i grandi fotografi, i soldi giravano e i cachet erano da capogiro. Quando era un mestiere per pochi, e pochi sapevano davvero farlo. Quando per imparare si seguiva per anni un truccatore capo sul set (gratuitamente e a proprie spese) anche solo per passargli i pennelli e avere l’onore di vederlo lavorare davanti allo specchio professionale di un backstage, per rubare con gli occhi il mestiere.
L’informazione è a nostra disposizione, eppure c’è chi la snobba.
Pochi sanno riconoscere la formazione di qualità. I più preferiscono seguire strade brevi, che poi portano scarsi risultati.
Alcuni di quelli che oggi sono grandi truccatori, non hanno avuto la fortuna che abbiamo noi oggi. In questo nuovo millennio è un fiorire continuo di scuole di trucco, più o meno buone, ci sono corsi regionali e di varia lunghezza e prezzo. Prima non era così. Prima si assecondava una naturale inclinazione e si studiava l’arte, la pittura, i metodi antichi. Prima era più difficile diventare make up artist e questo ha fatto sì che solo i più tenaci riuscissero.
Oggi tutti hanno accesso ai prodotti professionali.
Acquistano qualche palette, una decina di pennelli, uno specchio su amazon, guardano qualche tutorial su youtube e si spacciano per truccatori. Ma quanti di questi hanno davvero un talento? Pochi. Quante di queste persone hanno seguito questa strada perché impossibilitati economicamente? Pochi. Quanti invece lo hanno fatto perché sembrava la strada più semplice? Troppi.
Succede quindi che sul mercato ci sia una concorrenza strana e malsana, fatta di trucchi a 10€ e di fantomatici truccatori che non hanno nemmeno le basi igieniche per operare. E i veri talenti, che in questo mare di colleghi più o meno corretti non riescono ad emergere, si ritrovano ad abbandonare troppo presto un sogno, scoraggiati dagli scarsi guadagni e da un sistema che oggi vede il trucco come qualcosa di effimero, che tutti possono fare, e non più come quel mezzo che, nelle mani di un professionista, può rendere felice ogni donna, dalla modella alla vicina di casa.
Lo stato non ci aiuta.
La professione del truccatore non è riconosciuta, né tantomeno regolamentata, (vi invito a leggere questo interessante post di Stefania D’Alessandro in merito alla questione). e finché non lo sarà, la strada resterà in salita, una salita ripida che solo chi ha veramente la voglia e la passione, riuscirà a scalare. Quanto meno, potremo contare su una selezione naturale.
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